Quanto tempo che non aggiorno, più di un mese. Più o meno da quando... più o meno da quel preciso momento lì... Mi mancava molto scrivere.
Mi piace tornare a parlare degli amici, del loro rapporto, di Luna.
Forse la Luna che sto descrivendo si allontana via via da quella che conoscevo. Forse è una Luna che esiste solo nella mia testa, o in fondo a un pozzo.
Però mi piace tantissimo. Quasi quasi me ne sto innamorando.
Comunque il prossimo aggiornamento finirò il capitolo e tornerà Stefano.
Buonanotte.
Una nuova ragione -Cap V- (parte V)
Stettero
tutti e tre ad osservare il loro amico, il suo amore, dormire
aspettando che balzasse in piedi da un momento all'altro, e
strappandosi la flebo dal braccio urlasse “Non è stato niente,
tranquilli, lo sapete che faccio sempre tardi. Dai andiamo a farci un
giro e a fare un po' di casino, dobbiamo recupare”. Forse mentre
ripensavano alle loro vite, per un secondo, uno solo, ci credettero
davvero; poi Antonello ruppe il silenzio, non ce la faceva a stare
troppo tempo senza parlare, ne aveva bisogno per allontanare il vuoto
del silenzio, l'onda dei pensieri che lo avrebbe travolto, ed in più
sentiva davvero l'esigenza di riempiere il vuoto di quell'anno passato
senza rinunciare ad aspettare.
“Luna
ma... in quest'anno non si è mai fatto sentire? Nemmeno un
messaggio?”
“No,
quando se n'è andato ha lasciato tutto a casa. Cellulare, pc,
nintendo, tutto. Ha preso solo il portafogli. Conoscendolo credo che
anche se avesse voluto chiamarmi non ci sarebbe riuscito, non
riusciva ad imparare i numeri a memoria, non sapeva nemmeno il suo.
Quando qualcuno glielo chiedeva ero io a dirglielo. Senza guardare la
rubrica non sapeva chiamare nemmeno i carabinieri.”
A
quelle parole, la miscela di frustrazione, impotenza e malinconia che
provava per il suo amico inerte, esplosero “Ma porca miseria!
Quello si perdeva pure a San Lorenzo, come cavolo ha fatto a
scomparire per un anno? Sta qui ed è come se non ci fosse! Mi fa
scapocciare, è troppo!”.
Gli
rispose il Bianco, ancora con la testa bassa, la voce flebile “Zì,
guarda che se uno si vuole perdere non conta tanto se abbia senso
dell'orientamento oppure no...”, detto questo tornò a guardare il
letto come paralizzato; a volte la spiccata sensibilità del Bianco
riusciva a sopperire in modo così semplice e geniale la mancanza di
cultura che aveva per non aver mai completato le scuole superiori
(naturalmente liceo artistico).
Luna si
avvicinò ad Antonello, si sfiorarono leggermente
col corpo per
annullare le distanze “Credo che Lorenzo abbia ragione, ma dopo
tutto pare che un indizio, volente o nolente, ce l'abbia
lasciato...”. Detto questo tirò fuori dalla borsa neri coi teschi
un biglietto accartocciato che le aveva dato l'infermiera che badava
a Stefano prima di uscire dalla stanza.
Era
grande più o meno quattro centimentri per tre, di una carta fine e
mezza grigia, probabilmente riciclata, gli angoli tagliati malamente
con le forbici.
Lo
spiegò e lei ed Antonello lessero assieme 'Gianni, manufatterie e
gioielli fatti a mano. Antincaglie, svuotamento cantine e
robivecchi', sotto il disegno di un diadema e di un furgone
evidentemente fatti a mano e poi fotocopiati. Non c'era il numero di
telefono, solo un indirizzo: Via di campo verde (II e IV venerdì del
mese), Roccacencia (Rm).
Si
scambiarono uno sguardo perplesso, nessuno dei due aveva la benchè
minima idea di cosa volesse dire.
Luna
teneva l'insolito 'biglietto da visita' stretto tra l'indice e il
pollice, nessuno dei due sapeva bene cosa dire.
Il
Bianco mormorò qualcosa “... è importante...”.
I due
si girarono insieme verso di lui, ma non alzò gli occhi dal letto,
si limitò a ripetere la frase più chiaramente “Se aveva solo
questo con sé, vuol dire che è importante. Forse è una persona che
ha incontrato, una persona importante a parte noi. La dovreste
cercare, credo. Di sicuro potrà dirvi qualcosa in più di quello che
già sappiamo. Io lo so do'vè quel posto...”
Antonello
strabuzzò gli occhi e si toccò i rasta nervoso “Scusa, e tu come
fai a saperlo?”
“Semplice,
sono andato a farci soft-air qualche mese fa. Il paese è piccolo,
saranno duecento persone, non so nemmeno se sia segnato su tutte le
mappe. A sud ci sono i campi, ma a nord inizia la montagna ed è
pieno di posti fichi per fare le battaglie, o una bella escursione se
vi va. Comunque in paese non ci siamo fermati per niente, ci siamo
passati solo con la macchina. Non è lontano da Roma, un'oretta se
sai che strada prendere. Noi ci abbiamo messo di più perché ad un
certo punto le indicazioni finiscono e ci siamo messi a domandare ai
contadini"
Il viso
di Luna si accese di una speranza violenta, scattò verso il Bianco
e lo afferrò per il colletto della maglietta “Dimmi subito come
cazzo ci si arriva Lorè. Voglio partire adesso!”
Lui era
un ragazzo grande, forte ed in sovrappeso, ma aveva un carattere
morbido; quando lei per poco non riuscì a tirarlo su si mise quasi a
piangere “Si si oh te lo dico, stai calma. Ma come conti di
arrivarci? Senza macchina è impossibile. La mia è dal meccanico e
tu e Antonello non ce l'avete. Gli autobus naturalmente non ci
passano, troppe poche persone”.
Luna
mollò la maglietta del Bianco e si aggrappò con forza a quella
dell'altro amico “Mi presti il tuo motorino. Non è una domanda, lo
fai e basta. Se c'è riuscito lui ad arrivarci posso farlo pure io”
“Oh,
oh un attimo, 'spetta, mi devo organizzare! A lavoro come ci vado? E
poi chi ti dice che ci sia arrivato in Vespa? Dammi qualche
giorno...”
“Non
ce l'ho qualche giorno, cazzo! Dammi subito le chiavi del motorino!”
“Ah
Lù vabbè, va bene, però aspetta un attimo... non me menà, devo
vedere come fare...”
…
“Se
volete la macchina la metto volentieri io...”
La
porta della stanza era aperta, da chissà quanto tempo, appoggiato
allo stipite della porta in una posa fra il sofferente e la recita c'era un uomo
alto e brizzolato con un pigiama ospedaliero indosso, una garza
impregnata di sangue sulla mano.
“E tu
chi cazzo sei?” disse il Bianco, che era anche dolce, ma sempre il
muratore faceva nella vita.
Gli
rispose Luna con gli occhi pieni di rabbia“Questo è il bastardo che ha fatto finire Stefano
sotto la macchina di quell'altra tossica”. I due amici si mossero
assieme stringendosi addosso a Remo “Bene bene, guarda che bella
sorpresa... Lo sai che tutta Roma sa già quello che stavi facendo
nella tua 'Premiata Ditta'? Sei un uomo finito, anzi sei meno di un
uomo, e qui non sei desiderato. Ma se non te ne vuoi andare a noi fa
piacere, anzi, chiudi la porta, così ci facciamo un discorsetto a
quattrocchi e ti spieghiamo un paio di cose della vita...”
Remo
chiuse la porta, ci si appoggiò di schiena ed alzò la testa con
fare provocatorio, un attimo prima che gli fossero addosso parlò,
lento e con calma, scandendo bene le parole “E' inutile che cercate
di fare i bulletti, non lo siete. Ho passato cose che voi nemmeno vi
immaginate, e comunque dalla vita sono tornato sempre vivo, anche
stavolta. Le conosco bene le persone come voi. I coglioncelli che
vorrebbero prendere la vita di petto e dimostrare di essere più
forte di lei. Ma tanto non lo siete e lo sapete. Non siete più forti
di me. Volete verificare? Sono qui di fronte a voi...”
I due
amici si fermarono intimoriti.
“E
comunque mi spiace davvero per il vostro amico. Ha fatto una cosa che
io non avrei mai fatto. Ma non mi sento affatto in colpa come
vorreste voi, è stata una sua scelta. Mi ha salvato la vita e gliene
sono grato, ma nessuno gli ha chiesto niente. Inoltre non posso
tornare in macelleria e vorrei evitare il più possibile di dover
parlare con i carabinieri. Non c'è niente che mi trattenga qui, anzi
mi sento quasi liberato senza questo dito. Se posso andare via ed al
contempo essere utile a quel bravo ragazzo in coma, lo faccio
volentieri. E poi non mi pare voi abbiate tanta scelta ora come
ora... Oppure a questa matta glielo presti il motorino, eh rastone?”
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