Ho aggiornato, poco, ma ho aggiornato. Tre paginette.
Mi piacciono tanto. Le vorrei dedicare A Luna. Alla luna. A tutte le lune del mondo.
Anche se la Luna a me non ci pensa nemmeno un po', non importa.
Dalla mia vita in affitto a Tokyo io, penso a Lei, e mi è di ispirazione.
Divertitevi :)
Un Nuovo motivo - Capitolo V (Continuo IV, giusto un pò) -
Anche
il Bianco abbozzò un sorriso, poi tornò a guardare Stefano steso
sul letto con gli occhi tristi, gli angoli della bocca tesi verso il
basso. Non gli riusciva mai di dissimulare la tristezza, e quando
qualcosa nella vita provava a buttarlo giù, lui si faceva trascinare
fino al massimo grado di apatia e demoralizzazione; di solito erano
Renzo o Stefano a farlo uscire dall'apnea invitandolo a per una birra
e prendendolo in giro tutto il tempo sui chili che aveva messo, o
sulla testa che da quando aveva perso i capelli ed usava una lozione
per lucidarla, profumava di noccioline. Luna lanciò un'occhiata
rapidissima ad Antonello, questo si limitò a scuotere la testa
facendole fare «no-no».
Luna
non possedeva una mente fuori dall'ordinario; un'intelligenza
normale, come tutti, ma la sua sensibilità era spiccata e le
bastava una parola non detta per entrare in empatia con una persona e
capire cosa le passasse per la testa.
Le era
evidente che il Bianco non si era mai ripreso dalla scomparsa di
Renzo, e che l'incidente appena capitato a Stefano doveva aver
tracciato ancora più in profondità il solco dei suoi sentimenti
malinconici; e capì pure che Antonello aveva fatto il possibile per
colmare i vuoti del suo amico, e che aveva fallito ogni volta.
Gli
avrebbe voluto dire parole di conforto: era un bravo ragazzo, e per
quanto esagerato nelle sue infinite tristezze, sapeva che stava male
davvero. Fece per dire qualcosa ma lui la interruppe parlando per
primo «... Da quant'è che sta così?»
«Sono
arrivata poco prima di voi, il medico con cui ho parlato ha detto che
era già in coma quando l'hanno portato in ospedale»
«Non
c'è speranza che...»
«Non
lo so, non me l'hanno saputo dire, troppo presto per sciogliere la
prognosi».
Il
Bianco reclinò di nuovo la testa rasata e lucida verso il letto a
guardare il suo amico dormire, poi sospirò «E tu da quant'è che
stai così? Non ci siamo più sentiti molto da quando... insomma ha
sbroccato e se n'è andato»
Lo
guardò seria «Che vuoi dire?» disse, anche se in realtà aveva
capito fin troppo bene le sue parole.
«Luna,
da quant'è che vai in giro così? Voglio dire, da quant'è che fai
la matta, l'infermiera prima ci ha raccontato... E sopratutto, perché
lo fai...? Tu non sei così, eri la ragazza più normale che
conoscessi e adesso... Io non ci capisco più niente. Pare che il
mondo, il mio mondo stia impazzendo mentre collassa su se stesso».
Luna
gli si avvicinò piano, gli prese le mani grandi e callose da
muratore dentro le sue, piccole. «Lorè», non era la prima volta
che lo chiamava per nome, ma la gente doveva essere tremendamente
seria o arrabbiata con lui per chiamarlo così
«Lorè,
lo capisco bene come ti senti, ti conosco. Sei un amico di Stefano e
sei un amico mio. Ma forse tu non sai come mi sono sentita io, come è
stata la vita per me da quando 'ha sbroccato' come dici tu.
Stefano
con gli altri è sempre stato moderato: prendeva le parti bianche e
le parti nere delle persone e le impastava fino a renderle grigie; le
voleva vedere per come erano veramente, esseri fatti di pregi e di
difetti, non tagliati con l'accetta. Però con se stesso non
riusciva ad essere così, e se sbagliava qualcosa che sapeva di poter
evitare se solo si fosse fidato un po' più di sé, si incazzava e si
teneva il muso. Ultimamente gli capitava spesso.
Penso
stesse riflettendo molto se quello che era fosse realmente quello che
si era immaginato di diventare.
Poi c'è
stato Renzo... Ed anche io ho riflettuto a lungo sul perché abbia
fatto così... Ha avuto paura. Ha avuto una paura fottuta che la vita
che stava vivendo sarebbe stata più forte della vita che avrebbe
voluto per lui. Ha scelto la via più facile ed è scappato».
Il
Bianco rimase impressionato dall'analisi: impegnato com'era a
cullarsi nel pensiero cupo degli effetti della scomparsa, non si era
fermato nemmeno un attimo a pensare alle cause. Le domandò, con la
stessa voce perplessa di un bambino che non ha ben capito gli
avvenimenti di un fatto storico «Ma se avevi capito che tutto è
partito da dentro lui, allora perché...»
«Perché
mi sono mascherata Lorè?» le esplose forte dallo stomaco.
«Perché
comunque con lui ci abitavo io, non stava da solo. Perché il fatto
che la mia presenza per lui non sia significata niente mi ha fatto
stare male. Mi ha privato ogni giorno di una parte di me che sentivo
mia. Mi ha fatto sentire una cretina, mi ha fatto sentire sbagliata.
Mi ha fatto sentire non all'altezza, non abbastanza per sollevarlo
alto dalle sue paure. E mentre lo maledivo per il suo egoismo
cambiavo tutto di me, mi serviva... Avevo bisogno di questa maschera.
Mi dovevo proteggere, perché anche se con la testa so darmi tutte le
risposte che mi servono, ho paura ad ascoltare quello che vuole darmi
il cuore...»
«E
quali sarebbero?» singhiozzò piagnucolante il Bianco.
«Che anche se è uno stronzo, so che mi ama ancora. Ed
anche io...»
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